Gabriele Bonetti e la conoscenza di se stessi.
Tra filosofia tedesca, Iyengar e buddhismo tantrico tibetano.
By Margherita Baleni
Battitore libero, indipendente e concreto da sempre, fin da quando ha deciso di lasciare una carriera sicura nel mondo dell'informazione finanziaria per seguire quella che all’epoca era una passione, un amore “clandestino” divenuto poi il compagno di una vita. Insegnate di yoga accreditato e riconosciuto, Gabriele Bonetti ha un tratto distintivo importante che conosce bene chiunque abbia praticato anche solo una volta con lui: la capacità di fare uscire dagli schemi e dalle etichette preconfezionate dello yoga i suoi allievi, insegnando a praticare con serietà, precisione e rigore, verso se stessi prima di tutto, senza tanti decori aggiuntivi. E soprattutto con grande libertà di pensiero. Perché, per usare le sue parole: che cosa è lo yoga se non un percorso alla ricerca della propria libertà?
Gabriele, una definizione che mi piace darti come insegnante di yoga è quella di “battitore libero”: non hai mai voluto chiuderti in una scuola, legarti troppo ad altri e sottostare a vincoli troppo stretti. È così?
Sì, hai ragione! Nel mondo dello yoga sono e mi sento un libero battitore. Non è solo questione di carattere o temperamento personale. Per me questa ricerca di indipendenza e di libertà ha a che fare con la natura stessa dello yoga. In ultima analisi, che cosa è lo yoga se non un percorso alla ricerca della propria libertà? Libertà innanzitutto nei movimenti del corpo, perciò pratichiamo le asana. Ma anche e soprattutto libertà nella mente. L'adesione cieca e fideistica a un maestro, la ripetizione pedissequa di luoghi comuni, l'appartenenza quasi settaria ad una "scuola" di yoga: tutto questo è esattamente l'opposto di una pratica autentica dello yoga. Lo yoga può svilupparsi esclusivamente nella propria, unica, irripetibile esperienza personale. Nessuno lo può fare al nostro posto.
Il tuo percorso di crescita ha incrociato sicuramente lo yoga di Iyengar. Vuoi raccontarci cosa hai fatto proprio dei suoi insegnamenti e perché?
L'incontro con lo yoga di Iyengar è stato assolutamente decisivo da tanti punti di vista. Ovviamente dal punto di vista tecnico: la ricerca di precisione, l'uso di strumenti come cinture, mattoni, sedia, corde al muro... La pratica delle asana come strumento di conoscenza analitica del proprio corpo, il rigore fisico e mentale con se stessi. In tutto questo, Iyengar è stato senza dubbio un maestro insuperabile. Ma prima di tutto è stato colui che mi ha fatto toccare con mano quella ricerca di libertà di cui parlavo prima. Una delle sue frasi più ricorrenti era: lo yoga stesso può diventare una catena che ti lega e ti imprigiona: non sostituire catene di ferro con la catena d'oro dello yoga, perché pur sempre di una catena si tratta! E la sua genialità è stata proprio quella di seguire nello yoga la propria strada personale. Poi certo ho anche avuto la fortuna di incontrare molti ottimi insegnanti, tra cui Glenn Ceresoli, Christian Pisano, Eyal Shifroni... Persone che hanno dedicato la propria vita allo yoga e che mi hanno dato veramente tanto.
È raro che un insegnate di yoga abbia un background come il tuo. Perché non tutti sanno che vieni da un mondo totalmente diverso, quello della finanza, fatto di numeri e strategie. Poi cosa è successo che ti ha spinto a un cambiamento così radicale? Quella tua esperienza lavorativa così forte e importante, in qualche modo si è riflessa nel tuo modo di insegnare yoga?
Per oltre vent’anni ho lavorato con grande soddisfazione e con un certo successo nel mondo dell'informazione finanziaria, non solo per guadagnarmi dignitosamente da vivere, ma con vera dedizione. Però poi ad un certo punto ho sentito che dovevo seguire le ragioni del cuore... Lo yoga è stato come una relazione clandestina durata per tanti anni. Poi a un certo punto ho scelto di lasciare la vecchia vita per seguire l’amore. Senza nulla togliere a quella prima attività professionale che mi ha dato tanto, per esempio, rispondendo alla tua domanda, mi ha insegnato a rimanere con i piedi per terra, a non vivere nelle fantasie, a relazionarmi con la realtà in termini concreti. Aspetti che trovo spesso carenti nel mondo dello yoga.
Non solo asana, ma tanta meditazione e ricerca interiore. Senza volere oltrepassare una soglia di discrezione, quali sono stati gli studi che ti hanno segnato profondamente? Il titolo di un libro che consigli sempre?
Posso dire una cosa un po' provocatoria? In realtà non sono mai stato particolarmente interessato alla pura pratica delle asana! Certo le asana sono importanti, ma in definitiva le trovo anche un po' noiose. Per me lo yoga è stato prima di tutto un percorso spirituale. E per questo il buddhismo tantrico tibetano è stato il mio punto di riferimento. Anche in questo caso sono stato molto fortunato perché ho potuto avere familiarità con due grandissimi maestri: Geshe Ciampa Gyatso e Lama Zopa Rimpoche. Per molti anni ho seguito i loro insegnamenti all'Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, dove ho anche completato un corso di formazione veramente molto impegnativo, durato più di cinque anni... Così come Iyengar è stato il mio punto di riferimento per la pratica delle asana, allo stesso modo Ciampa Gyatso e Zopa Rimpoche sono stati il mio riferimento per la spiritualità. E anche da loro ho imparato l'assoluta libertà da ogni settarismo, l'indipendenza dalle opinioni comuni, l'estremo rigore verso se stessi... Un libro che consiglio? Forse "Le parole del mio perfetto maestro" di Patrul Rimpoche, un lama tibetano vissuto nel 1800, un grandissimo maestro di meditazione e di vita (e faccio notare che meditazione e vita sono la stessa cosa, due facce della stessa medaglia).
So che non ti piace troppo dare etichette preconfezionate allo yoga che insegni e che trasmetti ai tuoi allievi. Ma vogliamo dire quali sono i pilastri della tua pratica?
La tua domanda contiene già la risposta! Andare al di là delle etichette: questo è il vero pilastro fondante della mia pratica. Nella vita comune non facciamo altro che classificare, giudicare, mettere etichette... Ancora peggio, prendiamo per buone le etichette preconfezionate da altri: opinioni, giudizi, pre-giudizi... Il motto di Edmund Husserl, un filosofo tedesco che amo molto, era: "Zu den Sachen selbst". Torniamo alle cose stesse! Cioè meno teorie, idee o parole sulla realtà, per entrare in una relazione diretta con la realtà stessa. Lo yoga per me è un processo di liberazione dai pregiudizi per entrare in una relazione vera, reale, autentica con la realtà. E la prima realtà che incontriamo è la realtà del nostro stesso corpo: le asana non sono altro che uno strumento potente per entrare in una relazione autentica con il proprio corpo. Così come la meditazione non è altro che uno strumento potente per entrare in una relazione autentica con se stessi. Autentica, cioè libera da etichette e pregiudizi. E solo se impariamo ad avere una relazione vera, autentica con noi stessi, diventa possibile avere una relazione vera, autentica con gli altri e con le situazioni in cui ci troviamo concretamente a vivere giorno per giorno.
L’anno scorso la tua scelta di fondare YOGA-SMART. Perché e cosa volevi offrire alle numerose persone che da anni ti seguono?
Mah, semplicemente ho fatto di necessità virtù! Nulla di pianificato. Ho cercato di continuare a fare quello che ho sempre fatto negli ultimi vent'anni: condividere la pratica dello yoga e cercare di dare ad altri ciò che ho avuto la fortuna di ricevere. Sperando che possa essere di beneficio agli altri così come è stato di beneficio a me.
Come si è evoluta la tua idea fino a oggi?
L'idea è stata mia, ma sarebbe probabilmente rimasta una sterile idea se non avessi avuto alcuni amici che hanno accettato di imbarcarsi con me in questa avventura. Ciascuno ha dato un grande e preziosissimo contributo e con un incredibile lavoro di squadra posso dire che abbiamo fatto davvero passi da gigante: dal punto di vista organizzativo e amministrativo, sul piano tecnologico con una piattaforma molto efficiente, dal punto di vista della comunicazione siamo ben presenti sui social e persino alcune grandi testate si sono occupate di noi! Solo un team ben affiatato poteva fare tutto questo! È stato ed è ogni giorno il lavoro di una fantastica squadra!
Hai fatto un solo corso di formazione insegnati nella tua carriera, che si è concluso da pochi mesi. Cosa speri di avere trasmesso agli insegnanti che hai formato?
Nonostante sia coinciso proprio con i mesi peggiori della pandemia, il corso di formazione è stata una esperienza bellissima per me e - spero - anche per i partecipanti. Ci ho messo tutto me stesso, davvero con il cuore. E naturalmente ho preteso moltissimo anche da loro! Qualcuno ha lasciato, ma chi è rimasto fino alla fine e ha superato l'esame finale ora è in grado di camminare con le proprie gambe e di guidare anche altri sul sentiero dello yoga. Almeno, questo è il mio auspicio.
E nonostante le richieste di un nuovo corso, hai scelto di non ripetere, per ora. Come mai?
Perché esistono già tanti corsi di formazione che sfornano insegnanti di yoga come fossero macchinette. Per me un corso di formazione è prima di tutto un percorso di condivisione, molto impegnativo per me e per chi lo vuole fare con me. Per il momento voglio recuperare un po' di energie. Poi, quando sentirò di essere pronto, magari farò un secondo corso di formazione più avanzato rispetto al primo.
Chiudiamo con una citazione che ti è particolarmente cara?
Cito di nuovo un filosofo di lingua tedesca: Ludwig Wittgenstein. Conclude il suo Tractatus logico-philosophicus con queste parole: "Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere". Lo cito per ribadire quanto dicevo prima a proposito delle etichette: posso leggere tutti gli ingredienti di una torta al cioccolato, posso ascoltare mille parole che ne descrivono il sapore, posso addirittura pensare di poterlo spiegare ad altri... ma sono solo parole, chiacchiere! Tutt'altra cosa è assaggiare VERAMENTE la torta, sentire realmente il sapore del cioccolato! Praticare yoga è un modo per imparare a fare meno chiacchiere, per assaggiare e sentire VERAMENTE il sapore della vita!