Il tuo percorso di crescita ha incrociato sicuramente lo yoga di Iyengar. Vuoi raccontarci cosa hai fatto proprio dei suoi insegnamenti e perché?
L'incontro con lo yoga di Iyengar è stato assolutamente decisivo da tanti punti di vista. Ovviamente dal punto di vista tecnico: la ricerca di precisione, l'uso di strumenti come cinture, mattoni, sedia, corde al muro... La pratica delle asana come strumento di conoscenza analitica del proprio corpo, il rigore fisico e mentale con se stessi. In tutto questo, Iyengar è stato senza dubbio un maestro insuperabile. Ma prima di tutto è stato colui che mi ha fatto toccare con mano quella ricerca di libertà di cui parlavo prima. Una delle sue frasi più ricorrenti era: lo yoga stesso può diventare una catena che ti lega e ti imprigiona: non sostituire catene di ferro con la catena d'oro dello yoga, perché pur sempre di una catena si tratta! E la sua genialità è stata proprio quella di seguire nello yoga la propria strada personale. Poi certo ho anche avuto la fortuna di incontrare molti ottimi insegnanti, tra cui Glenn Ceresoli, Christian Pisano, Eyal Shifroni... Persone che hanno dedicato la propria vita allo yoga e che mi hanno dato veramente tanto.
È raro che un insegnate di yoga abbia un background come il tuo. Perché non tutti sanno che vieni da un mondo totalmente diverso, quello della finanza, fatto di numeri e strategie. Poi cosa è successo che ti ha spinto a un cambiamento così radicale? Quella tua esperienza lavorativa così forte e importante, in qualche modo si è riflessa nel tuo modo di insegnare yoga?
Per oltre vent’anni ho lavorato con grande soddisfazione e con un certo successo nel mondo dell'informazione finanziaria, non solo per guadagnarmi dignitosamente da vivere, ma con vera dedizione. Però poi ad un certo punto ho sentito che dovevo seguire le ragioni del cuore... Lo yoga è stato come una relazione clandestina durata per tanti anni. Poi a un certo punto ho scelto di lasciare la vecchia vita per seguire l’amore. Senza nulla togliere a quella prima attività professionale che mi ha dato tanto, per esempio, rispondendo alla tua domanda, mi ha insegnato a rimanere con i piedi per terra, a non vivere nelle fantasie, a relazionarmi con la realtà in termini concreti. Aspetti che trovo spesso carenti nel mondo dello yoga.
Non solo asana, ma tanta meditazione e ricerca interiore. Senza volere oltrepassare una soglia di discrezione, quali sono stati gli studi che ti hanno segnato profondamente? Il titolo di un libro che consigli sempre?
Posso dire una cosa un po' provocatoria? In realtà non sono mai stato particolarmente interessato alla pura pratica delle asana! Certo le asana sono importanti, ma in definitiva le trovo anche un po' noiose. Per me lo yoga è stato prima di tutto un percorso spirituale. E per questo il buddhismo tantrico tibetano è stato il mio punto di riferimento. Anche in questo caso sono stato molto fortunato perché ho potuto avere familiarità con due grandissimi maestri: Geshe Ciampa Gyatso e Lama Zopa Rimpoche. Per molti anni ho seguito i loro insegnamenti all'Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, dove ho anche completato un corso di formazione veramente molto impegnativo, durato più di cinque anni... Così come Iyengar è stato il mio punto di riferimento per la pratica delle asana, allo stesso modo Ciampa Gyatso e Zopa Rimpoche sono stati il mio riferimento per la spiritualità. E anche da loro ho imparato l'assoluta libertà da ogni settarismo, l'indipendenza dalle opinioni comuni, l'estremo rigore verso se stessi... Un libro che consiglio? Forse "Le parole del mio perfetto maestro" di Patrul Rimpoche, un lama tibetano vissuto nel 1800, un grandissimo maestro di meditazione e di vita (e faccio notare che meditazione e vita sono la stessa cosa, due facce della stessa medaglia).
So che non ti piace troppo dare etichette preconfezionate allo yoga che insegni e che trasmetti ai tuoi allievi. Ma vogliamo dire quali sono i pilastri della tua pratica?
La tua domanda contiene già la risposta! Andare al di là delle etichette: questo è il vero pilastro fondante della mia pratica. Nella vita comune non facciamo altro che classificare, giudicare, mettere etichette... Ancora peggio, prendiamo per buone le etichette preconfezionate da altri: opinioni, giudizi, pre-giudizi... Il motto di Edmund Husserl, un filosofo tedesco che amo molto, era: "Zu den Sachen selbst". Torniamo alle cose stesse! Cioè meno teorie, idee o parole sulla realtà, per entrare in una relazione diretta con la realtà stessa. Lo yoga per me è un processo di liberazione dai pregiudizi per entrare in una relazione vera, reale, autentica con la realtà. E la prima realtà che incontriamo è la realtà del nostro stesso corpo: le asana non sono altro che uno strumento potente per entrare in una relazione autentica con il proprio corpo. Così come la meditazione non è altro che uno strumento potente per entrare in una relazione autentica con se stessi. Autentica, cioè libera da etichette e pregiudizi. E solo se impariamo ad avere una relazione vera, autentica con noi stessi, diventa possibile avere una relazione vera, autentica con gli altri e con le situazioni in cui ci troviamo concretamente a vivere giorno per giorno.